di José de Arcangelo
Il cortometraggio “L’altra metà in luce” di Claudio Alfonsi, selezionato al premio David di Donatello tra ben 326 brevi film italiani di finzione, e in attesa della sua presentazione a Cannes nella sezione dedicata al settore, racconta una storia ormai attuale e presente nel cinema di tutto il mondo: la vecchiaia. Un argomento che ha a che fare con la solitudine, più spesso con la malattia (Alzheimer ma non solo), tra badanti e accompagnatori, dipendenza (reciproca) e autonomia di pensiero, amore e dispetti, sentimenti e sogni, in coppia o meno. Probabilmente perché si è alzata l’età media e gli anziani in molti paesi, soprattutto in occidente, sono spesso maggioranza silenziosa in solitudine, tanto quanto le badanti, lontane da casa e dalla famiglia. Una ricerca e uno scambio di affetti.
Renata (Erika Blanc) è un’anziana e burbera signora che vive con la sua badante romena, Silvia (Cristina Golotta), consuma le sue giornate fra letture e sonno, e il suo passatempo preferito è stuzzicare la sua compagna di vita, fra capricci e divertimento, emozioni e risate (c’è la citazione audio del finale di “A qualcuno piace caldo” di Billy Wilder con la celebre frase ‘Nessuno è perfetto’). Infatti, nemmeno le due donne protagoniste che, in fondo, si vogliono bene ma non lo fanno vedere, soprattutto a loro stesse.
Quindi, in poco più di dieci minuti, una storia come tante altre, addirittura ordinaria, diventa straordinaria, anzi universale, evitando eccessi di sentimentalismo e/o tristezza.
La sceneggiatura è dello stesso Alfonsi con Raffaella Baiani, anche autrice del soggetto (si è ispirata alle vicende della nonna) e scenografa, e Moraldo Rossi. La fotografia è firmata da Paolo Ravalli, i montaggio da Benedetto Sanfilippo e le musiche di Riccardo Cimino.